mercoledì 19 marzo 2008

Cominciamo da qui...

Hold on little girl
Show me what he's done to you
Stand up little girl
A broken heart can't be that bad
When it's through, it's through
Fate will twist the both of you
So come on baby come on over
Let me be the one to show you
Mr Big, 1991

1985. Il giorno che arrivai nevicava, il cielo era incredibilmente rosa, stretto tra due pareti grigie e ripide, i fiocchi cadevano pesanti sui vetri della macchina e non potevo fare a meno di contemplarli ammirata, col naso per aria.
Avevo quasi sei anni.
Era l’inizio di un grande amore per quella piccola valle, con quel paesino di 800 anime che tanta parte avrebbero avuto nella mia vita, luoghi che sarei andata ritrovare molte e molte volte negli anni e sempre con la terribile nostalgia che si può avere per il tempo perduto della propria infanzia e, ancor più, della propria adolescenza.

La canzone che apre questo “capitolo” non ha un significato particolare, o almeno, tale significato non è da cercare nel testo, ma nel incredibile potere che ha di evocarmi, ancora oggi, la luce di quelle estati.
Il classico “lentone” degli anni ’90, “struggente” colonna sonora di drammi adolescenziali, figurava tra le hit del jukebox dell’Angelino.
“L’ Angelino” era un alpino in congedo, che quando arrivammo, alla metà degli anni ’80, era già vecchio. Ma probabilmente immortale. Quando infatti tornai , 20 anni dopo, non solo la canzone era ancora al suo posto,ma anche l’Angelino, come sempre alticcio per qualche bianchino di troppo, era dietro il bancone.
Il bar Locatelli si trovava, ed è ancora, all’ingresso del paese, in una specie di piazza con una panchina di cemento, in cui potevamo star seduti anche in 15, un alimentari/edicola e il bar concorrente, il Pesenti. Noi tutti però, in questa guerra all’ultimo grappino, parteggiavamo ovviamente per l’Angelino, che era molto più “underground”.
La sala dove stava “sua maestà” il jukebox puzzava di fumo vecchio di secoli, ma era molto grande e potevamo farci tutto il baccano che volevamo, salvo quando il legittimo proprietario e qualche altro giovincello del paese decidevano di fare una partita sul bigliardo logoro e unticcio. Durante l’inverno una parte della stanza veniva chiusa con una parete di truciolato per risparmiare sul riscaldamento. I miei genitori non si capacitavano della nostra affezione nei confronti di quel posto laido e puzzolente, mia madre era solita ripetere, quando tornavo a casa fetente come una ciminiera,”vi portiamo qui per respirare l’aria buona e voi vi andate a chiudere lì dentro!”. Era però la nostra ”tana”, il posto dove andare a cercare gli amici, dove ripararsi dal gelo d’inverno, dove rifornirsi di patatine, gelati, sigarette. Dove si consumavano i primi amori clandestini al riparo di angoli bui.
Sarebbe stato proprio davanti al bigliardo lurido e allo specchio macchiato dal tempo che una maglietta dei Metallica sotto una selva di riccioli neri, mi avrebbe “galantemente” leccato il dorso della mano.
Dodici anni dopo e a dieci di distanza dalla mia ultima estate a sottochiesa,nell’albergo del mio invecchiato primo moroso a un paio di chilometri da lì, ci saremmo divisi un letto a una piazza. Ma questa è un'altra storia.

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